Vacanze d’infierno: XVI puntata – Videogioco

(La vita è in fondo come un videogioco: devi risolvere problemi su problemi e sperare in un premio).

Non ho mai più visto la donna della hall. Forse era la Madonna che mi era apparsa in soccorso per quei dieci minuti di grazia. Forse la Madonna può apparire così, in anonima veste umana, come immaginavano gli antichi greci per gli dèi.

Segreteria telefonica

Comunque fosse, la fortuna mi aveva dato una mano. Rimaneva ancora da risolvere il problema “documenti figlie”, che era solo parzialmente sistemato. Il poliziotto infatti mi aveva avvertito: il foglio di denuncia potrebbe valere per il check-in in aereo, ma non tutte le compagnie lo accettano. Conviene andare al consolato, per ottenere la “dichiarazione sostitutiva di documento”. Il prossimo passo da fare era quindi contattare il Consolato italiano a Barcellona. Così ho fatto, anzi, così ho provato a fare: ho cercato il numero del Consolato italiano e ho chiamato. Come supponevo, mi ha risposto una voce registrata (in spagnolo) che mi comunicava gli orari di apertura. Se avevo ben inteso, stavo appunto chiamando in orario di apertura, eppure mi rispondeva esclusivamente una voce registrata.

Un solo giorno

Questo, debbo dire, me lo aspettavo. Il mio piano era ottenere informazioni telefoniche, sebbene sospettassi che la sola informazione che avrebbero potuto darmi era di recarmi in Consolato. Ho tentato con una seconda telefonata, ma rimanevo sempre impantanato nella voce registrata. Era giovedì pomeriggio. Se avevo ben capito, gli orari erano i classici da ufficio, ovvero sabato e domenica chiusi. Quindi avevo un solo giorno buono da giocarmi: il venerdì. L’unica cosa da fare era andare direttamente al Consolato la mattina successiva. Mi sono naturalmente pre-organizzato, studiando il percorso con Google Maps. Da Plaça de Catalunya, la piazza centrale, dove inizia la Rambla e dove arrivava il nostro treno, il percorso previsto fino al Consolato italiano era una trentina di minuti. Avevamo tutto il tempo per arrivare in orario d’ufficio.

Come un videogioco

Per convincere le mie figlie a darsi da fare ho presentato la situazione come se fossimo in un videogioco: il premio finale era tornare a casa. C’erano però diversi livelli da superare, come appunto un videogioco, che ha livelli sempre più difficili. Il primo livello era fare la denuncia. Fatto! Il secondo livello era trovare un posto più sicuro della barca. Fatto! Il terzo era ottenere il foglio sostitutivo dal Consolato. Poi l’ultimo livello: salire in aereo. Che era quello più difficile. Infatti il nostro aereo partiva alle 6:30 e, dato che bisogna arrivare in aeroporto due ore prima, considerando, oltretutto, il dubbio documenti e check-in, era tutt’altro che semplice. Dovevamo passare quasi 24 ore in giro.

Un quartiere chic

Giovedì sera abbiamo cenato a Badalona. Abbiamo poi passato la nostra prima notte in un posto decente, con tutti i comfort che uno dovrebbe meritarsi in vacanza. La mattina dopo abbiamo preso il treno, direzione Barcellona, fermata plaça de Catalunya. Da qui ci siamo incamminati verso il Consolato. Siamo arrivati davanti a un palazzone moderno, in una zona figa della città, tutta costeggiata da negozi cool. A occhio, pareva una zona piena di uffici. Si vedeva entrare e uscire, comprare, passeggiare gente elegante; gente elegante in locali eleganti, dove tutto era pulito, confortevole, gradevole, sobrio, con alta probabilità caro. I modi delle persone qui parevano costretti o assuefatti a un certo rigore. Non mancava, ovvio, un Apple center, una Prada boutique o roba simile.

Il castello

Il palazzone che conteneva il Consolato italiano aveva una vasta entrata lucida e marmorea. E c’era naturalmente il portiere. E anche il portiere aveva un “non so che” di snob. Noi eravamo sudati e scoglionati, ma speranzosi. Io mi sono rivolto, con il mio fine spagnolo, al portiere, ma il portiere ha immediatamente capito l’antifona e mi ha indirizzato a un altro. C’era infatti un altro lì, uno che pareva una guardia giurata. A naso, mi pareva un gradino più sotto il portiere, nella supposta gerarchia di quel quartiere.
“Buenas dias (per tutta la vacanza ho detto “buenas dias”… si dice “buen dia”). Yo soi italiano. Este son le mi hiche y nosostros perdemos documentos. Chieremos ir al Consolado italiano”.
“Parla italiano!” mi fa.

Burocrazia

Aveva quel modo che hanno un po’, così a occhio, le guardie giurate: autorevole ma non troppo. Sembrava insomma il tipo che vantava di avere una divisa e un’arma. Se ne stava con la faccia un po’ da duro, anche se non pareva del tutto convinto. Mi ha ascoltato, anche se aveva inteso tutto da subito. Il mio caso, a quanto pare, non era per niente raro. Non mi ha fatto neppure finire il discorso. Ha alzato le mani, a dire: “Capito!” Poi ha preso una fotocopia e me l’ha consegnata. C’era una sfilza di cose da fare, prima di salire in Consolato: foto-tessera di chi ha perso i documenti, fotocopia del documento del genitore (in caso di minori), foglio compilato in duplice copia per ogni persona di cui si richiede il documento.
“E dove la faccio tutta ’sta roba!?” ho chiesto allibito.
Mi ha consegnato un biglietto da visita: indicava un negozio a una decina di minuti. Era quasi mezzogiorno…

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