Vacanze d’infierno: IV puntata – Taxi

(Quando prendi un taxi, ricordati che ti stai facendo guidare da uno sconosciuto).

L’aereo giunse puntuale a Barcellona, alle 10:30, così come era indicato sugli orari e il volo fu un normalissimo volo, a parte qualche piccolo sobbalzo tra le nubi.
Non amo viaggiare in aereo: ho un’ansia atavica di cui non riesco a liberarmi. Soffro soprattutto al decollo. Qualcosa nella mio cervello (nella parte rettiliana, direi) rimane in perenne allarme. Mi aspetto che da un momento all’altro accada la catastrofe.
Per tranquillizzarmi, osservo le espressioni delle hostess (che sono di solito anche carine), cercando di intravedere un qualche segnale di preoccupazione nei loro occhi.

Volo

Pare che viaggiare in aereo sia più sicuro che viaggiare in auto. Forse è vero, ma tutta la statistica di questo mondo non riesce a rassicurarmi. Anche perché c’è sempre quella preparazione, prima del decollo, in cui le hostess spiegano cosa fare in caso di incidente (cintura di sicurezza… maschera d’ossigeno… salvagente gonfiabile con una cannuccia a bocca… uscite di sicurezza… e mi chiedo realmente quanto possa servire tutto questo mentre un aereo precipita). Sarà… ma quando parto in auto non uso tutte queste cautele, e tanto meno in treno. Si parte e si va.
E poi c’è quella strana cerimonia che alcuni usano: l’applauso all’arrivo! Avete mai visto applaudire quando un pullman arriva al capolinea?
Quel volo però è filato liscio. Alcuni miei vicini hanno addirittura ronfato per tutto il viaggio. Io… naaa… io sono rimasto con gli occhi sbarrati, in tensione per un’ora e mezza.

Prezzi in aeroporto

In aeroporto abbiamo fatto una meritata colazione con prezzi simili a fucilate.
Forse i prezzi in aeroporto sono così alti perché, appunto, uno pensa di essere salvo e di poter finalmente spendere. Per la partenza, la logica vale a maggior ragione…
Fuori dall’aeroporto c’era una fila di taxi con un tizio che gestiva la coda. Al nostro turno arriva il nostro tassista. Il mio spagnolo non è spagnolo… gli faccio intendere dove dobbiamo andare semplicemente mostrandogli l’indirizzo che mi è stato indicato dall’host con cui ho prenotato tramite Airbnb. Il tassista guarda l’indirizzo, imposta il navigatore e si parte.

Tassisti

Tutte le poche volte che in vita mia ho preso un taxi, nella mente ho tutte le volte avuto un unico pensiero fisso: quanto dovrò pagare? Nei successivi taxi presi a Barcellona, c’era un cursore digitale dove era indicata la tariffa che scattava ad ogni minuto. Quel taxi non aveva nulla. Si andava a occhio…
Il tassista (a cui auguro di essere fottuto così come egli ha fottuto me) ha guidato per circa mezz’ora e ci ha portati a Port Forum. Ha posteggiato vicino a un marciapiede e ci ha fatti scendere… 45 euro (furto!). Che ho pagato con “tarjeta”. In Spagna si può pagare tutto con tarjeta.
Da quel momento è iniziata la nostra ricerca della barca in cui avremmo alloggiato. Avevo un indirizzo e il nome della barca. Ditemi voi come si fa a trovare una barca tra altre centinaia ormeggiate? Camminiamo. Si avvicina mezzogiorno e il sole di luglio picchia in verticale. Camminiamo e sudiamo. C’è un tizio, una sorta di custode del porto. Con il mio spagnolo chiedo informazioni. Lui guarda l’indirizzo, prova a capirmi, mi dà vaghe indicazioni, ma pare perplesso. Così vaghiamo lungo tutto il Port Forum, avanti e indietro, per una buona mezz’ora. Chiedo ad altri. Niente! Poi controllo io l’indirizzo, lo imposto su Google Maps e inizio ad avere un netto sospetto: il tassista ci aveva portati nel posto sbagliato.

Da porto a porto

Google Maps indicava il punto di arrivo a una quarantina di minuti a piedi da lì. Ma ho dubbi, così come li hanno le mie figlie. L’ubicazione di una barca non è come una casa: non c’è un civico, non c’è una indicazione precisa. Eppure l’indicazione è lontana da lì. Così decidiamo di seguire l’indicazione della mappa digitale e, in effetti, vediamo che, più camminiamo, più il punto di arrivo si avvicina. Quaranta minuti sotto il sole spietato di mezzogiorno. Giungiamo al Porto di Badalona (questo era il posto esatto) distrutti.

Amico italiano

Ma anche il Porto di Badalona non è microscopico: ormeggiate davanti a noi ci sono centinaia e centinaia di imbarcazioni. Vedo un ristorante come un’oasi. La mia mente visualizza una cerveza gelata. Ci fermiamo, ci sediamo, beviamo e chiediamo di nuovo indicazioni. La graziosa cameriera, appena capisce che siamo italiani, ci dice che il cuoco è italiano, e lo manda a chiamare. Poco dopo arriva un trentenne. È siciliano, cordialissimo. Ho la mano sudata ma me la stringe senza problemi. Mi dice che abita in Spagna da anni, che ha la donna spagnola, che sta benissimo e fanculo l’Italia. Poi controlla il mio indirizzo. Il posto in effetti è giusto. Ma la barca… lancia un’occhiata alla miriade di barche e yacht davanti a noi, si gratta la testa e dice: “Non ho idea…”.

Traguardo raggiunto

Ho un’idea io: provo a telefonare alla host. Ma non risponde. Le scrivo (i nostri contatti sono sempre avvenuti via mail): cerco di spiegarle dove mi trovo, le do il nome del ristorante. Attendo. Risponde. Ha capito… mi dà appuntamento davanti al porticciolo, entrata C. Esattamente nel punto opposto in cui ci troviamo. Altri 10 minuti a piedi. Ma è fatta…
Rinvigoriti da cerveza, acqua e traguardo raggiunto, ci incamminiamo. Davanti all’entrata C, c’è la host. Siccome siamo in ritardo e le nostre ultime mail erano caratterizzate da una punta di impazienza da parte di entrambi, mi chiedo se mi attende una discussione. E mi chiedo come farò a discutere in spagnolo. Ma sbaglio di nuovo: la host ci attende con un ombrello in mano e un sorriso.

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