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Mozart (1755-1791) era un genio, ma cos’è, chi è un genio? Nella Critica del giudizio, Kant lo definisce come “disposizione innata dell’animo (ingenium), mediante la quale la natura dà la regola all’arte.”
Nietzsche, ne La nascita della tragedia scrive: “Nel genio dobbiamo riconoscere un fenomeno dionisiaco, il quale ci rivela ogni volta di nuovo il gioco di costruzione e distruzione del mondo individuale come l’efflusso di una gioia primordiale”.
Genialità
La parola genio è di derivazione latina (genius), dal verbo “geno” (generare, creare); quindi “forza naturale produttrice”.
Secondo gli antichi romani, ogni uomo, alla nascita, riceve un proprio genio (lo deduciamo dalle Epistole 2.2.187 di Orazio). Nella mitologia latina, era uno spirito protettore, per molti aspetti analogo al “daimon” greco e agli angeli del cristianesimo. I Geni vivono sulla terra, invisibili però ai mortali, come ministri di Giove e come custodi degli uomini e della giustizia. Secondo i filosofi greci, i demoni (o geni, alla latina) erano assegnati a protezione degli uomini al momento della nascita.
Il genio di Mozart
Vista così, ognuno di noi nasce con un “genio”. Sta forse a noi essere in grado di metterlo in atto, di dargli forza creativa. Nel caso di Mozart, a quanto pare, il suo genio emerse rapido e prepotente. Mozart sembrava completamente posseduto dal proprio genio: la sua tensione per la musica aveva qualcosa di invasivo. Aveva una sensibilità per la musica e una capacità così rapida nell’apprendere uno strumento da lasciare sbalorditi.
Una famiglia di musicisti
Di certo, la sua innata propensione fu incentivata da un padre musicista e da un contesto famigliare tutto dedito alla musica. Lo stesso padre, che fu il suo primo e unico maestro, rimaneva a bocca aperta. Mozart iniziò a suonare all’età di 3 anni. Già al primo approccio era chiaro l’interesse e la gioia che quel bambino dimostrava. A 4 era già in grado di suonare un minuetto (lo imparava nel giro di mezz’ora). A 5 anni era già in grado di creare propri pezzi musicali. La sua passione per gli strumenti era tale da imporsi a tutti gli altri giochi a cui, normalmente, un bimbo di quell’età è dedito.
Enfant prodige
Iniziò con il clavicembalo; poi imparò il violino, ed era incredibile la velocità con cui imparava. Aveva inoltre, già da subito, una capacità straordinaria nel riconoscere le note. Sapeva individuare, a orecchio, una lieve stonatura. La sua sensibilità era tale da rendergli spiacevole ogni suono che non fosse armonioso. Quello della tromba era, per esempio, per lui inascoltabile, tanto che una volta quasi svenne nel sentirla in modo prolungato.
In tour
Ben presto, il padre si rese conto che il genio del figlio andava messo in mostra al mondo. Iniziò così, inizialmente una dimostrazione presso la corte di Monaco di Baviera (era una pratica diffusa), dove Mozart si esibì con la sorella. Aveva 6 anni la sorella era poco più grande (aveva anch’ella un ottimo talento, ma lo abbandonò per sposarsi e dedicarsi al matrimonio). Gli anni che seguirono furono caratterizzati da una sorta di tour europeo presso le più importanti corti: Asburgo, Francoforte, Coblenza, Bruxelles, Londra, Parigi, poi in Italia a Milano, a Verona, a Bologna, a Roma, a Napoli. A Napoli, la capacità del ragazzino apparirono così sorprendenti che qualcuno, tra il pubblico, sospettò che ci fosse di mezzo una stregoneria: l’anello che indossava era magico. Allora fu chiesto a Mozart di togliere l’anello, ma rimasero allibiti constatando che continuava a suonare meravigliosamente.
Intorno al 1770, ovvero all’età di 14 anni, la fama di Mozart era già indiscussa.
Sepoltura anonima
C’è da chiedersi come sia possibile che un uomo, a 14 anni già così noto (e la sua carriera continuerà in ascesa di creazioni e successi) sia finito in una fossa comune, presso il cimitero di St. Marx a Vienna, senza lapide, senza niente per riconoscerlo; tanto che neppure la moglie era in grado di individuare il punto in cui era sepolto il marito. La risposta maggiormente plausibile è semplice: l’imperatore Giuseppe II di Asburgo aveva decretato che i morti venissero sepolti in fosse comuni, senza bare e con il divieto di imbalsamazione. Mozart finì come gli altri. Ma la sua morte (avvenuta nel 1791, ovvero a 36 anni) rimane misteriosa. Le ipotesi sono le più variegate e fantasiose, tanto da far pensare a un vero e proprio “giallo”. Le due ipotesi più forti vanno una in direzione dell’avvelenamento, l’altra nell’ipotesi di insufficienza renale (più probabile). L’avvelenamento avrebbe come motivazione supposti nemici di vario tipo, chi per invidia (Mozart non era presuntuoso, ma spietato nei giudizi), chi per gelosia (Mozart fece molti cornuti).
Un inetto geniale
Dal punto di vista umano, Mozart rimane un enigma. Era come se solo la musica lo possedesse interamente. Era preda di una sorta di continuo tic, tanto da non riuscire a star fermo: batteva le dita sul tavolo, batteva i piedi sul pavimento. Era incapace nelle più banali faccende quotidiane. La moglie, per intenderci, si occupava di tagliargli la carne. Lui non ce la faceva; per certi aspetti era come un bambino. La gestione dell’ordinario, della cosiddetta normalità, era per lui un problema: non sapeva organizzarsi con i soldi (li gestiva ingenuamente e fu spesso ingannato e truffato sul valore delle proprie opere) né con le faccende quotidiane. Per quanto la sua fama gli avesse procurato ricchezze, arrivò alla morte solo con debiti e non lasciò nulla ai due figli. Era, per certi aspetti, un inetto. Ma appena si avvicinava a uno strumento, ecco qualcosa di divino.
Non per presunzione, ma per innato essere tutt’uno con la musica, non sopportava le stonature. Un giorno era a vedere un concerto, ignoto tra il pubblico e, vedendo i clamorosi errori del direttore, non resistette e urlò ai musicisti cosa dovevano fare. Chiaro che un essere così bizzarro e folle si facesse diversi nemici.
Debole di fisico
Fisicamente era gracile, pallido; aveva un viso attraente ed espressivo, in continua convulsione dal piacere o il fastidio per un suono. Amava tantissimo suonare. Pare che solo suonando egli trovasse sé stesso. E si esercitava così a lungo che ci voleva sempre qualcuno che gli desse dei limiti. Era capace di mettersi a suonare alle nove di sera e continuare per tutta la notte, se qualcuno non si prendeva la briga di farlo riposare. Essendo infatti di costituzione debole, dedicandosi così forsennatamente alla musica, rischiava di ammalarsi. Viveva veramente al massimo e con una sorta di ossessione per la musica. E non per modestia, non per superbia, quando suonava, suonava al meglio. Gli veniva addirittura rimproverato il fatto di dedicarsi con lo stesso impegno davanti agli esperti come davanti ai dilettanti.
Troppo avanti
C’è un curioso aneddoto che dà idea della sua bizzarria: una sera si trova in una città e viene invitato da un signore a suonare a casa sua, in presenza di diversi ospiti. Mozart arriva, senza dire altro, si mette a suonare. Ma il suo modo di suonare risulta così complesso che alcuni ascoltatori iniziano a dare segni di noia e distrazione. Ebbene lui, senza smettere di suonare, li sgrida tutti (in italiano, e forse molti non capivano). Solo più tardi si rende conto di aver esagerato e ride di sé stesso. Allora si calma e inizia a suonare qualcosa di più facile. Evidentemente, aveva momenti in cui non si rendeva conto che non tutti potevano seguirlo e capirlo.
Per approfondire: Stendhal Mozart